Da oggi inauguriamo una nuova sessione con racconti di esperienze a due ruote di amici pioltellesi. Iniziamo con un racconto freschissimo, avvenuto la scorsa settimana che ha visto protagonista Gianluca Premoli, che annualmente si concede una settimana di gioie e fatiche. Quest’anno ha pedalato sulle strade della Grecia; otto tappe per un percorso di 815 km.Lasciamoci trasportare dal suo racconto e da qualche bella immagine
Grecia 2015, CICLOTURISTICA ISOLE IONIE 29 MAGGIO – 7 GIUGNO 2015
Prima tappa.
Un bellissimo percorso nella parte meridionale dell’isola di Corfù, 97 km nelle ore centrali del giorno, la fatica dei ciclisti rompeva il silenzio nei paesini pigri e non ancora affollati da turisti. Percorso molto vario, impegnativo per via degli incessabili cambi di pendenza, quasi mille i metri di dislivello totale accumulati salendo e scendendo verso il mare. A digiuno di bicicletta dall’estate scorsa, un ottimo esercizio per riprendere confidenza con i pedali e capire come sta il proprio corpo. Dura salita iniziale superata con un certo slancio, così come i primi saliscendi molto tecnici, energie che sono andate via via scemando, ma la seconda parte lungo la costa orientale, lungo una stradina minuscola che costeggiava il mare cristallino e regalava scenari d’altri tempi tra trattorie e porticcioli, è stata un toccasana. Il sole non ancora ustionante ha scaldato la pelle a sufficienza per godersi un bel tuffo in piscina tra le bouganville dell’hotel. Un paio di birre locali sono andate giù senza nemmeno farsi sentire. Domani si va a Nord, per ascendere il monte Pantokrator, prima grande salita del giro.
Giro Grecia 2015, seconda tappa sull’isola di Corfù. Affrontiamo la massima asperità dell’isola, il monte Pantokrator, alto poco più di 900 metri, ma imponente data la vicinanza al mare ed il suo nome mitico, il “creatore di tutto”.
Decido di fare il percorso in solitaria, per continuare a prendere confidenza con il ciclismo come in un dialogo intimo, succede così con i grandi amori. I primi 50 km scivolano silenziosi in un paio d’ore fresche lungo il mare su strada sinuosa dapprima e poi sempre più nervosa e a strappi man mano che si aggirano i contrafforti nordoccidentali del gigante. La salita, ben 16 km totali, si rivela davvero impegnativa, le descrizioni terrificanti fatte dall’organizzatore non erano campate per aria: due km e mezzo tra gli ulivi fanno guadagnare subito quattrocento metri di quota, togliendo il fiato e svuotando le gambe di ogni energia mentre la catena quasi si spezza. La parte centrale è agevole ma servono un paio di snack per scongiurare per tempo una crisi di fame prima degli ultimi strappi sotto la cima, su fondo sconnesso e forse al 20% di pendenza. Eppure in cima arrivano in tanti, anche ultrasettantenni, roba da mettere i brividi. Il paesaggio è un po’ da Valcava, un po’ Monte Capanne, un po’ passo del Biscia e un po’ Dosso dei Galli, i ciclisti nostrani avranno mille storie da raccontare in questi posti. Ed anche il Pantokrator entrerà sicuramente nell’epica dei giri di Mario Pescosolido, nei racconti durante le cene dei prossimi anni.
Domani si torna sul continente, destinazione Ioannina, tappa così detta di “media montagna” che potrebbe però rivelarsi la più dura del giro, soprattutto se saranno confermate le previsioni di pioggia.
Tra poco, visita del centro di Corfù, ma quello lo raccontano meglio le guide turistiche.
Giro Grecia 2015, terza tappa. Torniamo con il traghetto a Igoumenitsa, per raggiungere poi in bici Ioannina, nelle montagne dell’Epiro. Uno dei romani chiede se siamo nella zona della famosa battaglia, capiamo in un secondo tempo che lui si riferisce alla “vittoria de Piro”…
Si sale in bici alle 11, non piove e fa caldo, una cappa di afa ci accompagna sulla breve salita del passo Parapotamos, che supero agilmente, cadendo nell’inganno di forzare poi l’andatura sul successivo passo del Monumento: 12km di salita non durissima, fatta di assolati rettilinei lunghissimi, decisamente non è il mio terreno preferito e l’errore di valutazione mi porta in cima esausto, facendo emergere il mal di gambe anche dello sforzo di ieri. I coniugi Tonutti, friulani superallenati e tostissimi, settantuno anni lui e un paio in meno lei, mi sverniciano impietosamente proprio mentre vado in crisi. Ma è un onore calcare le strade con simili mostri di dedizione e tenacia.
Proseguo da solo in interminabili saliscendi, curando i nuvoloni neri in agguato all’orizzonte. Sul ciglio della strada vedo uno scatolone con il marchio GF, quasi mi emoziono e mi fermo a fotografarlo: temo di avere le visioni o essere ormai da ricovero. La pioggia arriva puntuale salendo al passo Zitsa, affrontato a ritmo vergognosamente lento, ma ormai la meta è vicina e un po’ di acqua fresca sulla pelle è un sollievo.
La giornata finisce con altri 100 km messi nel carniere e più di 1700 metri di dislivello totale in salita.
Domani asperità iniziale e poi in picchiata verso Preveza, la tipica tappa facile sulla carta, ma l’esperienza è che in genere queste siano le più insidiose: quando aumenta la velocità occorre moltiplicare l’attenzione.
Quarta tappa. Da Ioannina, città storica, scendiamo verso Preveza, sul mare. Si affronta inizialmente il passo Dodoni, bella salita fino a quasi 900 metri su un verdeggiante declivio, strada mai monotona e nell’ambiente di agricoltura montana e pastorizia.
Discesa filante verso il sito archeologico omonimo, con il teatro di Pirro, poi si continua in un bellissimo toboga tra pareti rocciose e giù ancora poi lungo la valle del fiume Louros. Le gambe girano bene e via via lungo la strada facciamo un gruppetto da sei che pedala di buona lena e rende meno monotoni gli ultimi 50 km pianeggianti e su strade più trafficate.
Arriviamo prima di mezzogiorno, meno di quattro ore per fare i 116 km di giornata. Non ci resta che trovare un bel ristorante lungo il mare e godersi una birra fresca, che diventa ovviamente più di una, accompagnata da ottime pietanze e divertentissimi commensali
La seconda semitappa è memorabile, una bellissima e lunga salita fino oltre seicento metri di quota, tra pietraie arbusti e capre, ci spalanca uno scenario di mare e monti con i contrasti cromatici che solo il Mediterraneo sa regalare. La discesa è emozionante e si alterna la tentazione di lasciare andare la bici in picchiata con quella di frenare per fermarsi e cercare di fissare la poesia in una foto.
Gli ultimi trenta km li faccio in un bel gruppetto di meno di una decina di ciclisti, tutti ottimi pedalatori, e ci godiamo anche una fresca birra a dieci km dall’albergo a Lassi.
Sesta tappa: ecco il giorno del monte Enos, cima Coppi del giro a 1603 m.s.l.m.
Se i Romantici dello Sturm und Drang avessero avuto la bici, l’estasi del sublime sarebbe stata raccontata con dei giri di pedale. La giornata è calda fin dal mattino e all’orizzonte cielo e mare si fondono, mentre con le nostre biciclette caparbiamente ascendiamo come se pure noi volessimo unire mare e cielo, portare uno su con noi o portare un po’ più giù l’altro, che sembra custodire gelosamente la cima del gigante.
I primi cinque km sono durissimi, mi trovo presto da solo, superati i più mattinieri e senza che arrivi nessuno dei forti da dietro; alcuni tornanti ampi lasciano fiatare poi una discesa intermedia ci porta nella pancia del massiccio e ci spalanca la vista su un rettilineo in costa che sarà altri cinque o sei km. Pedalo di buona lena e dopo un’ora o poco più di ascesa sbuco sul pianoro ventoso da cui parte l’ultima diramazione verso la cima: manca a questo punto una decina di km che si riveleranno durissimi, prima in aridi alpeggi per capre e poi in pineta, paesaggio quasi alpino. In vetta saranno passate due ore di ascesa per circa 24 km, un impegno paragonabile a quello dei più duri passi alpini. Scendo da solo, davanti a me non c’è nessuno, solo quelli che hanno optato per fare solo la seconda metà percorso.
La discesa è bellissima e poi ci sono più di 50 km lungo il mare o risalendo e scendendo per brevi tratti intorno alle pendici del gigante Enos. Una foratura ci può anche stare, poi arrivo all’albergo con 119 km di giornata, ma con il tempo di fare una deviazione per un momento di silenzio al sacrario che ricorda i Martiri di Cefalonia, uccisi a migliaia qui dove oggi veniamo in pace a fare vacanza
Settima tappa.
È il penultimo giorno, si pedala anche domani ma sarà una passerella finale pressoché pianeggiante.
Oggi invece non ci si è rilassati per nulla, 15 km di prima mattina a Cefalonia, con frizzante scollinamento per raggiungere il porto d’imbarco, ed 81 una volta giunti a Zante.
Percorso spettacolare, ogni giorno questo giro propone qualcosa di nuovo: su quest’isola non ci facciamo mancare dislivelli importanti e pendenze proibitive, tese all’obiettivo di valicare appendici rocciose e portarci a ridosso delle spiagge più suggestive, illustrate sui dépliant e siti di vacanze di tutto il mondo.
Noi ci arriviamo in bicicletta e per gustarci questi panorami a fine giornata, fatti quattro conti, sono almeno altri 1600 metri di dislivello messi nel carniere. Il profilo altimetrico di questo giro è stato davvero impressionante, ma estremamente remunerativo.
Domani passerella di trasferimento al traghetto per una quindicina di km e poi una settantina pianeggianti verso il porto di Patrasso: a dirla così sembra non ci sia altro, ma troveremo di sicuro qualcosa da raccontare.
Ottava ed ultima tappa e rientro.
Sembrava non ci fosse nulla da dire sull’ottava tappa, ma il tempo ci ha messo lo zampino, e da dire ce n’è stato: la pioggia ha caratterizzato i 15 km mattutini verso l’imbarco e ne ha fatto le spese, complice una caduta nella prima curva scivolosa dopo l’albergo, il mio compagno di camera e di viaggio, il prof. Francioli. Brutto colpo alla zona femorale e non è più stato in grado di rimettersi in sella, lui che a settantaquattro anni era comunque riuscito a fare tutte le tappe per intero, pur con due costole fratturate un paio di settimane prima del giro; speriamo che anche in questo caso si riprenda al più presto. Chi ha continuato a pedalare si è trovato di fronte al vento contrario nella seconda semitappa, praticamente un rettilineo di settanta km che si sono rivelati più difficili del previsto. Poco male, hanno giusto prosciugato quell’ultimo residuo di energie che abbiamo poi necessariamente dovuto ripristinare con abbondante dose di birra in riva al mare a Patrasso, con l’immancabile insalata greca e ottimi calamari. Chiudiamo con poco più di 800 km totali e poco più di 11000 metri di dislivello totale. Il rientro in traghetto è stato meno pesante del previsto, bellissimo il tramonto sul mare, che sembrava propiziare il rientro verso le coste italiane.
L’anno prossimo saremo di nuovo al di là dell’Adriatico, da Spalato lungo la costa dalmata e poi in Montenegro, spero di poter raccontare qualcosa anche da quelle parti.