“La bicicletta è già in viaggio, il ciclista pensa con timore ed ansia alla strada da fare, il cantastorie si chiede se saprà raccontarla” con queste parole scritte sul suo profilo facebook è iniziata l’avventura dell’amico e pioltellese Gianluca Premoli in bicicletta in Andalusia. Ne avevamo seguito le pedalate in Montenegro e Croazia e prima ancora in Grecia. Lo ringrazio per i reportage che costantemente pubblica ed io piacevolmente rilancio e condivido con tutti.
Prologo Giro di Andalusia 2016.
Questo giro autunnale merita qualche fotografia come prologo, un sabato pomeriggio di sole e tepore a Granada, con quel cielo azzurro che qui dicono di avere solo loro. Non si stenta a crederlo, anche se ad ognuno è caro il suo, di cielo.
Si capisce subito che, più di altri, sarà un giro di colori e di sapori, un ponte di storia tra terra e cielo, e gente accogliente che sa cosa fare della vita. A Granada è arrivato il carrello porta-bici, unico al mondo secondo il nostro organizzatore Mario, e tra una settimana le bici torneranno qui a Granada, per salire solitarie fino alle pendici di Sierra Nevada, oggi già imbiancate.
Giro di Andalusia 2016, prima tappa Granada-Antequera, totalizziamo 120 km tondi e un migliaio di metri abbondanti di dislivello, in in percorso che alla voce “difficoltà”, in rosso, dichiarava: nessuna.
Si parte alle 8:30, appena inizia a far chiaro, infatti qui siamo molto a Ovest ed il fuso orario è bugiardo: Granada dorme ancora e la mattina è fredda, siamo sotto i dieci gradi, ma il tepore accumulato ieri mi induce a partire in tenuta assolutamente estiva. Scelta che mi costerà un fastidioso mal di testa fino a sera, perché il sole tarda a farsi caldo, mentre filiamo veloci in un unico serpentone fuori dalla città, pilotati dall’organizzazione. Il contachilometri è rimasto in valigia, ma sento la velocità mentre entriamo negli uliveti sterminati e l’aria è fredda e ferma, mossa solo dal filare del nostro gruppo, unico fruscìo nell’incanto della quiete mattutina.
Ai primi accenni di salita, e ce ne sarà più che un accenno, i passisti allungano e ci troviamo in pochi sulla prima rampa di giornata, proseguendo veloci in discesa e nel percorso successivo, mosso ma filante, fino a che una foratura mi appieda.
Con Michele poi risaliamo velocemente e ritroviamo via via i compagni di strada percorrendo stradine secondarie molto tranquille e suggestive, con pendii dolci ma feroci nella loro frequenza a forzare cambiamenti di ritmo. Al km 75, per lasciare agio all’organizzazione nel predisporre i segnavia sul percorso, ci fermiamo per una birre in compagnia, poi ripartiamo a piccoli gruppetti, si sale ancora a 700 metri per poi scendere su Archidona e aggirarla, adagiata sotto picchi rocciosi. Tra picchi rocciosi, piccole strade, è una valle che richiama il selvaggio west, a portarci ad Antequera, che visiteremo nel pomeriggio. Una bella tappa, più che un assaggio, si farà sentire nelle gambe ma ha messo l’appetito giusto.
Giro Andalusia 2016, seconda tappa Antequera -Marbella, km 115. Fa poco onore al ciclista, ma la cosa veramente attraente di oggi è il programma pomeridiano: attività balneare, che mi accingo ad intraprendere diligentemente dopo il fotoracconto. Per il resto sapevamo che anche oggi “difficoltà: nessuna” e ritrovo obbligatorio al km 98 alle 13 per essere poi pilotati in gruppo lungo la caotica statale che porta dentro Marbella.
Alle 8.30 l’alba è fredda, ma meno di ieri, e si sale subito, per circa 4 km, a quasi 700 m, poi incomincia un percorso meraviglioso su falsopiani, discese comode e a volte impegnative, piccoli strappetti intermedi che tengono viva la gamba. Nei punti riparati, con aria quieta e un po’ più calda, si liberano i profumi pungenti dei tenaci fiori autunnali e gli odori pungenti delle capre. Al km 50 siamo praticamente a livello del mare, in anticipo sulla tabella oraria decidiamo di lasciare velocemente il ritrovo intermedio, di nuovo col gruppo veloce, con cui affrontiamo di buona lena la salita sullo stradone quasi rettilineo che ci fa scollinare verso Marbella e il mare a quota 572.
Al km 98 ci troviamo e come da copione, la birra scorre abbondante, mentre l’amico Gianni Tiso ci ricorda che non bisogna fermarsi alla terza media e che donne, bufera e vino non piegano l’alpino.
A Marbella arriviamo a tutta birra.
Giro Andalusia 2016, terza tappa Atalaya (Marbella) – Gibraltar – Los Barrios, 120 km.
Mattinata addirittura nebbiosa, il sole arriva sempre più tardi e l’aria è umida ma non fredda, mentre usciamo dalla zona urbana in due gruppi pilotati dalle auto sulla strada nazionale: in queste situazioni la velocità sale facilmente e l’effetto elastico mette a dura prova i muscoli freddi e la mente non ancora sveglia. Appena abbiamo libertà, decido di dare una snellita al gruppo e rimaniamo in sette, pedalando a ottimo ritmo come secondo gruppo di giornata, fino a ricongiungerci con i primi quando loro sbagliano l’uscita dalla via nazionale: a questo punto inizia la parte più bella di percorso, movimentata e affrontata ad alta velocità, il treno italo-svizzero (più svizzero che italo, il team elvetico, di cui sono un po’ parte, è davvero forte) pilotato da Mauro viaggia a tamburo battente. Oggi c’è poco paesaggio da raccontare – all’ingegnere affascina il periplo ciclistico della raffineria di San Roque – ma aspettiamo Gibraltar, per vedere l’oceano e l’Africa, dall’alto dell’asperità rocciosa che scaleremo.
Invece a Gibraltar c’è la nebbia, sono inglesi dopo tutto: non vediamo l’Africa e l’oceano, ma nemmeno il faro, che confondiamo col minareto della moschea.
La salita al Mirador è però ciclisticamente una bella impresa, un paio di km e mezzo tagliagambe, con pendenza a tratti sopra il 15% e le scimmiette che ci accolgono in vetta, incuriosite forse dai colori delle nostre divise e dalle biciclette, loro che sono per lo più abituate a piccoli bus di pensionati.
Mancano poi 30 km per raggiungere Los Barrios, gustandoci di nuovo la raffineria ed il polo energetico ed una bella salita finale, prima di dedicare il pomeriggio a visitare la Plaza de Toros.
Ah, comunque anche oggi, a tappa finita, sono più di 1000 m di dislivello in salita.
Giro di Andalusia 2016, quarta tappa, Los Barrios – Jerez de la Frontera, km 106. Un’altra tappa catalogata secondo la dicitura “difficoltà: nessuna”, che però totalizza infine circa 1300 metri di dislivello totale in ascesa.
Pilotati in uscita dalla città, ci ritroviamo presto in un percorso di bellezza indescrivibile, sui “caminos de servicio” che costeggiano, attraversano e scavalcano l’autostrada, con rampe impegnative e curve sinuose tra le gialle fioriture autunnali e una varietà cromatica più accesa rispetto alle tappe precedenti.
Il siparietto di giornata ci rallegra ben presto, quando scorgiamo due puntini chiari sotto di noi: sono due ciclisti in autostrada, il Godena ed il Giorgi, ai quali andiamo in soccorso per le operazioni di scavalco della recinzione, aiutandoli a rientrare sulla retta via e sottraendoli alle ire di Mario, il nostro onnipresente deus ex machina, a cui la Spectre in questi casi fa davvero un baffo (ricordando Adolfo Celi, va detto a onore del vero che ai nostri due eroi di giornata, il Sassaroli ed il conte Mascetti pure fanno un baffo).
Il vento ci è amico ed il resto della tappa è un susseguirsi di saliscendi su cui le gambe girano e spingono, e lo sguardo è sorpreso ad ogni scollinamento, con un panorama nuovo ed una prospettiva diversa, campi arati, alberi piegati dal vento, pascoli aridi, villaggi di case bianche, rocce sagomate da millenni di agenti atmosferici e moderne pale eoliche contro cui nessun don Chisciotte potrebbe alcunché.
Si finisce al ritrovo del km 99, discutendo sulle misure locali dei boccali di birra, mentre di Sherry si discuterà a pomeriggio e sera.
Giro di Andalusia 2016, quinta e sesta tappa, Jerez de la Frontera – Sevilla, km 122 e Sevilla Cordoba, km 132.
Un unico e povero fotoracconto per queste due tappe, fatte essenzialmente di lunghi rettilinei sotto il cielo grigio: per il cicloturista tutto ha un fascino, certo, ma a volte il fascino è un po’ più nascosto.
Le difficoltà in questi percorsi sembrano non esserci, ma ogni minima rampa diventa elemento di sfida, nel gruppo, nei piccoli plotoncini che si formano lungo la strada, e persino per i singoli, che si ritrovano da soli per una foratura o per la voglia di far girare i pedali all’unisono con il proprio corpo, senza curarsi della ruota altrui e sentendo su di sè tutta l’aria densa e umida, se non il vento ostile. Le tappe di pianura esercitano a volte questo fascino particolare, più di quelle di salita, in modo strano e per me sorprendente, dato che prediligo i percorsi di montagna, ma credo che i grandi passisti nascano dall’avvertirlo con più profondità, favoriti anche da un motore differente.
Per il resto, intorno a noi, campi di cotone che mi fanno tornare in mente le tappe in Uzbekistan, e poi tutta la varietà di coltivazioni favorite dalle acque del Guadalquivir, placido e antico alleato dello sviluppo locale, ponte verso il mare per lo splendore di Sevilla e Cordoba, che meriterebbero entrambe un servizio fotografico dedicato, ma ruberebbero esageratamente la scena alla bicicletta: magari faremo successivamente un post con qualche immagine di queste due città, dopo il giretto pomeridiano a Cordoba.
Domani, intanto, ci aspetta il tappone, che abbiamo chiamato Granfondo di Andalusia, di 162 km fino a Granada, con un paio di migliaia di metri di dislivello ed il timore di qualche goccia di pioggia.
Giro di Andalusia 2016, settima tappa, denominata Granfondo dell’Andalusia, 162 km da Cordoba a Granada.
Alla partenza piove, ma la temperatura è ottima in città, intorno ai 18 gradi, però siamo solo in pochi, una ventina, a metterci in sella: gli altri partiranno al km 52 o al 99.
Le pietre levigate della città storica, bagnate dalla pioggia, sono tremendamente insidiose, e partiamo davvero cauti. In una ventina di minuti siamo fuori dalla città, la pioggia smette, l’aria si fa più fresca e la prima salita, anche se breve, fa selezione: dopo sei giorni di fatica nessuno tenta di tenere un passo che non è il suo, soprattutto oggi che km e salite non mancheranno, oltre a un po’ di vento probabilmente.
Arrivo al km 52 con il treno svizzero e poi decido di proseguire da solo, affrontando le salite con agilità e frequenza e accompagnando i pedali su falsopiani e discese senza ferire troppo le cosce.
Le salite oggi sono da passisti, dritte e lunghe su stradoni ampi: nel mio caso i rapporti lunghi vanno presto a spegnersi, ma con il passare dei km mi rendo conto che sto sopperendo bene con l’agilità, e la velocità è buona.
Pedalo da solo per circa 100 km fino al ritrovo del km 147, abbondantemente sopra i 25 km/h di media e accumulando quasi 2000 m di dislivello in salita, salendo fino a 899 di quota massima: una buona prestazione, considerando che nelle gambe ci sono già 700 km dei giorni precedenti. Il paesaggio di uliveti diventa sempre più ampio e i profili delle montagne, che si avvicinano, regalano nuovamente all’orizzonte le linee aspre che avevamo perso nelle tappe dei giorni scorsi.
Essendo da solo, riesco a fare anche delle brevi soste per fotografare i bei castelli che appaiono di tanto in tanto.
Domani ci aspetta la chiusura del giro con l’ascesa ai 2500 m di Sierra Nevada: speriamo in una bella giornata ed in una buona condizione.
Giro di Andalusia 2016, ottava e ultima tappa: la salita a Sierra Nevada, 41 km fino ai 2500 metri di quota di Hoya de la Mora, inversione a U e ritorno all’albergo.
La sera prima ha piovuto, non sappiamo se a quella quota potesse essere neve, partiamo appena fa luce e la Sierra Nevada comunque non si vede. Non piove, la giornata sembra calda ed il cielo si fa via via più limpido: i conti della serva fanno stimare tra i tre ed i cinque gradi all’arrivo. In più c’è il vento.
L‘ascesa è sensazionale, da passisti-scalatori, su uno stradone larghissimo e senza traffico, con pochissimi tornanti e curve molto ampie che fanno quasi risalire il massiccio in modo circolare, esaltando scorci prospettici sempre diversi, fatti di rocce irregolari e terriccio rossastro, calanchi aridi e chiari, foglie variopinte con i colori autunnali, conifere sempreverdi, nuvole cumuliformi candide e illuminate dal sole, nembi grigiastri sparpagliati all’orizzonte in un cielo azzurro che riflette una splendida luce.
Ma c’è il vento, fortissimo, che a volte sembra piegare la bicicletta, arriva da tutte le direzioni e non lascia scaldare le gambe, mettendo in grande difficoltà la mia pedalata agile. Mauro attacca la salita con piglio da cronoman, non lo vedremo più, io e Michele, che andiamo di pari passo, io rilanciando sui tratti di maggior pendenza e lui tenendo viva l’andatura sui tratti dove il suo fisico alla Indurain fa la differenza. Siamo in cima in due ore e cinquanta, avremmo voluto tentare il proseguimento oltre la sbarra, fino ai quasi 3400 metri del Pico de Veleta, che si vede spruzzato di neve, ma fa troppo freddo ed il vento è davvero pericoloso a questa quota.
Non vale la pena esagerare, è stato un giro bellissimo e non è il caso di prendere rischi e non seguire le direttive dell’organizzazione.
Ci rifaremo, forse, con l’Etna, previsto a Maggio-Giugno 2017 con il giro di Sicilia.